Federazione Italiana Mediatori Agenti d'Affari • Sede di Parma

INCOMPATIBILITA’ TRA L’ATTIVITA’ DELL’AGENTE IMMOBILIARE E QUELLA DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO

Il TAR EMILIA ROMAGNA CONFERMA L’ORIENTAMENTO DEL MISE

Sent. n. 7/2022 del 4.01.2022 Tar dell’Emilia-Romagna, sez. Bologna

Nel caso in esame il TAR ha ritenuto - dopo una attenta valutazione del caso concreto - che l’amministratore di un numero elevato di condomini (39 unità), il quale eserciti in modo prevalente ed in forma imprenditoriale detta attività (con struttura organizzata e risorse dedicate), non può essere al contempo anche agente immobiliare e mantenere la relativa iscrizione al REA.

La questione era stata già affrontata dal MISE con nota del 22.5.2019, resa dopo la rideterminazione dei confini dell’incompatibilità dell’attività di mediatore immobiliare operata dalla “Legge Europa 2018”, ossia la legge 3 maggio 2019, n. 37 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea - Legge europea 2018). In forza della predetta nota il MISE aveva ritenuto che anche di fronte alla modifica dell’art. 5 comma 3  legge 3 febbraio 1989 n. 39 (afferente il regime di incompatibilità nell’esercizio dell’attività di agente immobiliare), dovesse permanere l’incompatibilità dell’attività professionale di mediatore immobiliare con quella di amministratore condominiale, sia  ove quest’ultima venga intesa come professione intellettuale afferente al medesimo settore merceologico per cui viene esercitata la mediazione, sia ove venga considerato l’aspetto imprenditoriale di rappresentanza di beni afferenti al medesimo settore merceologico; sottolineando  comunque l’evidente conflitto di interesse per il mediatore immobiliare che, oltre a curare per il proprio cliente la vendita/acquisto di un immobile contemporaneamente lo amministra e lo gestisce per conto del condominio.

È opportuno chiarire che il MISE (Ministero Sviluppo Economico) è un dicastero del governo che, tra le altre funzioni, rende pareri alle Camere di Commercio o fornisce orientamenti a cui le Camere di Commercio sono tenute ad uniformarsi.

I suoi pareri, tuttavia, non hanno il carattere di vincolatività erga omnes (ossia verso chiunque), ma sono vincolanti solo per le CCIAA, ragion per cui chiunque, al di fuori delle CCIAA, si ritenesse pregiudicato dalla portata di tali pareri può impugnarne gli atti conseguenti avanti l’autorità giudiziaria.

Questo è quanto avvenuto nel caso che ci occupa: la CCIAA di Bologna aveva cancellato il ricorrente dal REA, sezione agente immobiliare, in quanto era stata accertata la predetta incompatibilità sulla base del parere reso dal MISE in data 22.5.2019 ed il ricorrente aveva impugnato questo provvedimento di cancellazione.

Ecco perché la pronuncia del TAR dell’Emilia Romagna, sez. di Bologna ha un valore importante, in quanto è l’autorità giudiziaria che ci indica i criteri da utilizzare per valutare l’incompatibilità tra le due attività di mediatore immobiliare e amministratore di condominio e non più un’articolazione governativa con funzioni consultive.

Il TAR ha delineato dei criteri di valutazione nel caso concreto e specifico per stabilire quando l’attività di amministratore di condominio rientri nelle “attività intellettuali” e sia, quindi, in base al nuovo comma 3, art. 5 legge 3 febbraio 1989 n. 39, incompatibile con quella di agente immobiliare.

La questione riguarda un amministratore di 39 condomini, che per lo svolgimento della predetta attività si avvale di 3 dipendenti ed un collaboratore,  producendo un reddito che  per l’anno di imposta 2018 è stato pari a € 87.765,00, contro quello ottenuto per l’attività di intermediazione mobiliare, nel medesimo periodo d’imposta 2018, pari a € 32.429,00.

Dinnanzi a questa situazione si apriva un procedimento avviato su esposto ricevuto dal direttore della Divisione Generale per la concorrenza del MISE, il quale invitava la CCIAA di Bologna a intervenire sulla situazione rispetto all’iscrizione nel REA, come agente immobiliare, da parte del medesimo soggetto.

L’amministratore condominiale e, al contempo, agente immobiliare si difendeva invocando: (a) due direttive comunitarie (la 2006/36/CE e la 2006/123/CE), per sottolineare come, nel caso di specie, non vi sia un motivo imperativo di interesse generale da salvaguardare (e un, conseguente, rischio per il consumatore) che giustifichi una restrizione all’esercizio delle due attività professionali e, quindi, permetta di affermare l’incompatibilità tra le due attività.

Incompatibilità che sarebbe  non proporzionata e non giustificata avuto riguardo agli scopi delle direttive UE; (b) il TUEF (art. 4 comma 3 e art. 49) laddove vieta restrizioni alla libertà di accesso all’attività autonoma; (c) l’art. 5 comma 3 della legge 39/1989 laddove, anche alla luce della nota del MISE del 22.5.2019, si limita a introdurre un’incompatibilità “astratta” tra attività di agente immobiliare e amministratore condominiale, che però deve essere accompagnata da un necessaria verifica in concreto circa la sussistenza di un conflitto di interessi.

Il TAR evidenzia i seguenti punti per ritenere nel caso di specie sussistente il conflitto di interessi, previsto nell’art. 5 comma 3 della legge 39/89:

considera anzitutto la consistenza degli emolumenti ricavati dall’attività di amministratore di condominio, esercitata in via prevalente e in forma imprenditoriale, da cui conseguentemente ricavare – secondo la regola “del più probabile che non” – il rischio che le unità immobiliari amministrate vengano indebitamente favorite rispetto alla platea di tutte quelle disponibili sul mercato.

Il ragionamento del TAR è il seguente.

È evidente che difficilmente il mediatore può mantenere la propria posizione di terzietà e imparzialità che dovrebbe contraddistinguere il proprio ruolo, quando a causa dell’elevato numero di fabbricati che amministra sarà ragionevolmente indotto a orientare i potenziali acquirenti o conduttori verso i locali e le unità abitative rispetto ai quali ricopre l’incarico di amministratore.

Difficilmente un simile agente immobiliare potrà, in modo imparziale, selezionare proposte appropriate in favore del cliente, portando naturalmente a privilegiare gli immobili amministrati e potendo trascurare altre opportunità abitative ugualmente interessanti.

Il pericolo, in questo caso, non è astratto, ma secondo i criteri civilistici e secondo la logica e l’esperienza comune è un pericolo concreto: tutte le volte che uno degli appartamenti amministrati resta libero o viene messo in vendita, verosimilmente sarà preferito rispetto ad altri.

L’agente immobiliare, invece, deve essere in grado di selezionale le proposte più adeguate senza condizionamento alcuno: “nella dialettica commerciale il ruolo di amministratore di alcune delle unità presenti sul mercato insinua un indebito condizionamento e può alterare la serena ed equilibrata dinamica dei suggerimenti in contraddittorio” (così sentenza TAR).

C’è un altro aspetto che giustifica il sussistere dell’incompatibilità: la tutela della parte che non è quella amministrata.

Infatti, il duplice ruolo del mediatore non è conoscibile in modo trasparente e a priori dal cliente che ex novo si interfaccia con l’agenzia immobiliare.

Mentre una delle parti – quella amministrata – lo può scegliere con questa consapevolezza, l’altra parte nell’immediato, o anche nel corso del rapporto, può non avere cognizione adeguata di questo “deficit di imparzialità” del professionista.

Letteralmente nella motivazione del TAR: “E’ evidente che l’elevato numero di fabbricati (ciascuno formato da una pluralità di appartamenti) presso i quali il professionista ricopre il ruolo di amministratore può ostacolare – nell’esercizio contestuale dell’attività di intermediazione – la serena e imparziale selezione di proposte appropriate a favore dei clienti. In buona sostanza, il professionista non è distaccato né equidistante rispetto al reperimento di soluzioni adeguate, e può essere ragionevolmente indotto a orientare i potenziali acquirenti verso i locali inseriti negli edifici presso i quali ricopre l’incarico di amministratore, trascurando altre opportunità abitative ugualmente interessanti. Affiora un patente deficit di imparzialità, che non è controbilanciato da garanzie di trasparenza sul “doppio incarico” rivestito”.

Per queste ragioni il TAR non ha individuato alcuna lesione dei principi comunitari ritenendo adeguata, nel caso concreto, la preclusione del proseguimento dell’attività mediatoria e la conseguente cancellazione dal REA.

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